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Assenza di vuoto - 2017

Il titolo di questa mostra potrebbe trarre in inganno: Assenza di vuoto non vuol dire "pieno", ma qualcosa che oscilla tra il vuoto e il pieno, piccole differenze che chiedono di essere scrutate, come le linee sinuose incise che appena si scorgono sullo sfondo bianco e che, per contrasto, risaltano sullo sfondo nero. Come direbbe il filosofo francese Vladimir Jankélévitch. William Xerra dipinge il “quasi niente", mostra immagini che si aprono al visibile nel loro sottrarsi. Sono immagini dai margini sfilacciati, al pari della nostra esperienza attuale, in cui la parte allude al tutto, senza però pretendere di raggiungerlo: in cui l’informe rinvia all'armonia delle forme: in cui, metaforicamente, la povertà dell'esperienza fa balenare, per contrasto, la "pienezza" di una vita possibile, marcandone, insieme, l'assenza e il desiderio di conseguirla, pur nel corso di una labirintica ricerca di senso.

 

La nostra esistenza è labile, sembra suggerire Xerra, sospesa tra l'affermazione di se stessa e la sua negazione, tra iI nietzschiano "dire di si alla vita" e la sua costante fugacità. Ne è un simbolo la solidità della lastra in opposizione alla leggerezza dei colori, delle pitture, dei collages e degli intagli che vi sono stati stesi. Ne risultano magiche carte, talvolta in rilievo, i cui margini contengono le tracce dei tagli e il ricordo della loro sapiente lavorazione.

 

Il rinvio tra il "si" e il "no" è caratteristico in tutte queste opere. La scritta "io mento" (anche con le lettere in maiuscolo rovesciate) cosa altro significa se non negare quello che si rappresenta, inserire al loro interno un conflitto insolubile, con un paradosso simile a quello di Epimenide sul mentitore cretese, che, quando dice "io mento", non si può sapere se dice la verità o no. Certo, in Xerra questa affermazione ha anche un valore polemico, essendo rivolta a un’arte compiacente, alle effimere regole del mercato, a un'arte decorativa che non mette in questione l’esistenza e che, in sostanza, impedisce di pensare. Non si vede, infatti, solo con gli occhi, che sono il veicolo del cervello, della mente, e che inseriscono il visibile nella trama della nostra esperienza, che, per cosi dire, è sempre in 'ebollizione', in trasformazione.

                                                                                                                                                     

 Remo Bodei

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